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COP15: un flop storico

Immagine del redattore: Mattia ViglioneMattia Viglione

Aggiornamento: 26 set 2022

La COP15 era stata presentata come "un nuovo accordo di Parigi sulla biodiversità", ma i Stati non sono riusciti ad accordarsi su niente


COP15: un flop storico
Zebre nel parco nazionale di Nairobi

Ieri si sono concluse a Nairobi le negoziazioni per l'accordo finale della COP15. Ben lontano da diventare un "accordo di Parigi sulla biodiversità" come era stato promesso, le delegazioni non sono riuscite a trovare degli accordi comuni e dovranno essere ridiscuterli a dicembre a Montreal.


La COP15 è la conferenza delle Nazioni Unite (Conference Of Parties) sulla protezione e tutela della biodiversità, giunta alla sua 15° edizione. Anche se meno famosa della sorella COP27 (quest'anno a Sharm el-Sheikh) sui cambiamenti climatici, è altrettanto importante. Dal 1970 ad oggi c'è stata la perdita del 68% di specie animali a livello mondiale, e molta della colpa sono le attività umane a cui bisogna mettere una toppa.


L'incontro di Nairobi di ieri era particolarmente importante perché avrebbe dovuto definire le linee guida per l'ultimo step dei negoziati di Montreal. Secondo Marco Lambertini, direttore generale di WWF International, gli incontri di Nairobi dovevano essere più ambiziosi per prevenire ulteriore perdita di biodiversità e invertire il fenomeno. La perdita di biodiversità è un problema serio anche per gli esseri umani; accentua la povertà, l'insicurezza alimentare, la scarsità d'acqua. "Non è più un problema unicamente ecologico, ma un problema che influenza la nostra economia, la nostra società, la nostra sanità, il nostro benessere. È un problema di sicurezza per l'umanità", ha dichiarato Lambertini sui scarsi risultati dei negoziati di Nairobi.


Dalle trattative sono emersi 4 obiettivi chiave:

  • Proteggere la biodiversità a tutti i livelli e prevenire le estinzioni;

  • Assicurare che la biodiversità possa garantire i bisogni umani e supportare i loro diritti;

  • Che i benefici dall'uso della biodiversità e la risorse siano condivise in modo equo, che le conoscenze tradizionali e i diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali vengano rispettati;

  • Attivati adeguati livelli di mezzi di attuazione, incluse risorse finanziarie, rafforzamento delle capacità e altre azioni di supporto.

Il problema? L'80% del testo delle negoziazioni è stato messo tra bruttissime parentesi quadre, segnale che le varie parti non sono in accordo tra di loro, quindi dovrà essere tutto ridiscusso tutto a dicembre a Montreal per trovare un accordo comune. Manca, ad esempio l'accordo sull'ammontare dei fondi da destinare alla conservazione, protezione e ripristino della biodiversità, anche se il declino degli ecosistemi risulterà in un crollo di 2,7milioni di miliardi del PIL mondiale entro il 2030.


I negoziati hanno fatto pochi passi avanti sull'accordo per trasformare il 30% del Pianeta in area protetta entro il 2030, nonostante già 100 Paesi, inclusa l'Italia supportino la proposta. L'accordo sul 30% rischia di trasformarsi in un arma a doppio taglio: da una parte è importante per la preservazione della biodiversità, ma mette a rischio i diritti dei popoli indigeni. Il movimento per i popoli indigeni Survival International ha denunciato l'accordo per il 30% come "il più grande furto di terra nella storia". La trasformazione in aree protette, soprattutto in Asia o Africa, segue un modello di accaparramento della terra, sottraendole alle popolazioni indigene che da sempre ne preservano la biodiversità.


La COP15 ha avuto una vita travagliata. Dal 2000 le COP sulla biodiversità non si tengono più annualmente, ma ogni 2 anni, anche per la loro difficile procedura. La COP 15 si sarebbe dovuta tenere nel 2020 a Kunming, in Cina, ma rinviata per il COVID. Si è deciso di dividerla in due parti: la prima si è tenuta in forma virtuale a ottobre dello scorso anno, la seconda sarà tra il 5 e il 17 di dicembre a Montreal, anziché a Kunming come deciso inizialmente. Proprio a Montreal le varie delegazioni dovranno cercare di arrivare a degli accordi per trasformare la COP15 da flop a successo.

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