Tra promesse disattese e impegni mancati, l'Italia va in Egitto per tutelare i suoi affari
Articolo originale scritto per il blog NonPaghiamo.it al link
Ieri si è conclusa la COP27, “un passo avanti per la giustizia climatica”, a dirla come António Guterres Segretario generale delle Nazioni Unite, con l’istituzione del fondo Loss&Damage per aiutare i Paesi in via di sviluppo maggiormente colpiti dalla crisi climatica, ma un passo indietro sulla mitigazione del problema. Il testo finale ribadisce ancora una volta la necessità di ridurre l’utilizzo del carbone, ma non la completa uscita dai combustibili fossili. Se continuiamo di questo passo altro che stare sotto gli 1,5°C, andremo a sbattere con forza all’innalzamento della temperatura globale di 2,8°C.
Se ci concentrassimo sulla situazione italiana la COP27 è stata il primo palcoscenico internazionale del nuovo governo italiano per mostrarsi al mondo e allo stesso tempo il banco di prova su come affronterà le questioni climatiche. Nel suo discorso iniziale Meloni parla di Italia in linea con gli obiettivi di Parigi e che farà la sua “fair share” nella “just transition” [1], mentre il nuovo ministro Pichetto Fratin si spinge oltre dichiarando che sarà lui il “ministro che metterà una data di morte ai combustibili fossili” [2]. Alle belle parole non seguono i fatti.
Come riporta il report di ReCommon, “La campagna d’Egitto”[3], quella italiana sembra essere una “just transition” solo per pochi speculatori. L’Italia porta avanti in Egitto un modello coloniale ed estrattivista; nel bilaterale tra Meloni e al Sisi possiamo immaginare che si siano trascurate le violazioni dei diritti umani del regime egiziano o si sia parlato dei casi Patrick Zaki e Giulio Regeni [4], per concentrarsi sull’aspetto economico. In Egitto si trova il 20% di tutte le riserve di gas di Eni e Snam ha di recente acquistato il 25% del gasdotto Arish-Ashkelon tra Israele ed Egitto. Banca Intesa controlla Bank of Alessandria per poter investire in Egitto su armi e fonti fossili, mentre SACE, l’assicuratore pubblico controllato dal ministero delle finanze, in Egitto fa i suoi più grandi investimenti nel settore oil&gas.
Per quanto riguarda i finanziamenti ai Paesi più colpiti dalla crisi climatica l’Italia ha annunciato di stanziare 840milioni di euro l’anno fino al 2026 nel nuovo fondo italiano per il clima. Il doppio rispetto l’anno precedente, ma solo 40miliardi sono a fondo perduto, gli altri sono prestiti agevolati che i Paesi dovranno restituire. Comunque sia si tratta di una cifra ben lontana dal nostro “fair share” per contribuire al fondo da 100miliardi di dollari l’anno a livello globale come promesso alla COP15; in rapporto al PIL l’Italia dovrebbe stanziare circa 4,8miliardi [5], se invece volessimo allinearci agli altri Paesi come Regno Unito o Germania, anche loro sotto disattendono gli impegni, dovremmo stanziare 1,8miliardi o 2,1miliardi di euro l’anno rispettivamente [6]. Insomma, considerando che anche l’ex-ministro Cingolani aveva pensato di poter “arrivare a 1miliardo”, non sembrano risultati di cui vantarsi.
Sembrano esagerate anche le dichiarazioni del ministro Fratin di dire addio al fossile durante il suo mandato, dato che dall’insediamento dell’esecutivo sono state approvate trivellazioni in Adriatico per 10 anni [7] ed è stato dato l’ok all’istallazione dei rigassificatori a Piombino e Ravenna [8], non operativi prima del 2023 e 2024 rispettivamente, senza chiarezza sulla data finale di smantellamento (3 anni sono per lo smantellamento dal porto di Piombino, poi rimarrà la piattaforma galleggiante) [9]. Ora, è chiaro che i conti non tornano: o il ministro si è scordato che tra 5 anni si vota, oppure lo vedremo strappare i contratti con i fornitori prima del tempo, opzione la seconda molto difficile. L’inadeguatezza del ministro Fratin non si ferma alle promesse fantasiose, ma è scappato da Sharm el-Sheikh martedì scorso senza prendere parte alle trattative, passando la patata bollente all’inviato per il clima italiano Alessandro Modiano il quale non ha potere politico per prendere decisioni.
Se il mondo è “sull’autostrada per l’inferno climatico”, l’Italia è andata in Egitto per difendere i suoi affari con il piede sull’acceleratore. Bisogna smettere di investire nei combustibili fossili e confluire i fondi sulla ricerca tecnologica e nelle fonti rinnovabili, garantire alle fasce più deboli l’accesso all’energia come un diritto e non più come un privilegio.
Per adesso il governo Meloni rispetta gli accordi di Parigi solo a parole. Come si dice in Boris: “non lo famo, lo dimo”.
[2]file:///C:/Users/LENOVO/Downloads/Domani%2016%20Novembre%202022%20pichetto,%20eni,%20fakenews.pdf
[5] chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://cdn.odi.org/media/documents/ODI_WP_fairshare_final0709.pdf
[6] chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://eccoclimate.org/wp-content/uploads/2021/06/Finanza-per-il-clima_ECCO-DEF.pdf
[7] https://www.mef.gov.it/inevidenza/Approvato-Decreto-aiuti-quater-su-proposta-ministro-Giorgetti/
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